Gli affreschi

A Villa Valmarana i Tiepolo si spartiscono gli ambienti: il padre affresca la Palazzina e il figlio la Foresteria, anche se in alcuni ambienti lavorano insieme.

Palazzina

Nella Palazzina, su suggerimento del committente Giustino Valmarana, Giambattista, nel pieno della sua maturità artistica, si dedica ai grandi temi epici, scegliendo quando possibile gli episodi sentimentali: Ifigenia in Aulide, Iliade, Eneide, Orlando Furioso, Gerusalemme Liberata.

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Sala di Ifigenia

Vi è illustrato il sacrificio di Ifigenia in visione tridimensionale: al centro il sacerdote Calcante sta per uccidere la giovane Ifigenia. Tutti gli astanti alzano lo sguardo, perché miracolosamente, sopra una nuvola vaporosa, due amorini trasportano una cerva, che verrà immolata al posto della fanciulla. Sulla destra Agamennone si copre il volto per non vedere l’uccisione della figlia. Su un lato del soffitto Diana, con le sue ninfe, invia la cerva salvatrice. Sull’altro lato Eolo, dio dei venti, soffia un alito, perché la flotta possa salpare. Infatti bandiere e vessilli sono già in movimento, perché il vento ora spira. Sull’altra parete si stanno preparando i viveri e le armi per la spedizione e la partenza alla volta di Troia. Dall’inquadratura risalta un protagonista (forse Giustino Valmarana) che, commosso, segue il dramma che si svolge sull’altare del sacrificio. Interessante il cane che saluta il suo padrone (forse Ulisse). Sulle sovrapporte le personificazioni in monocromo dei quattro fiumi più importanti della terra noti nel Settecento.

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Sala dell'Iliade

Briseide, schiava di Achille, viene tolta di forza dalla sua tenda, per essere accompagnata dal suo nuovo padrone: il re Agamennone, che l’attende in posizione statuaria, come un despota; Achille, preso dall’ira per il rapimento della sua schiava, si scaglia contro Agamennone, ma viene trattenuto per i capelli da Minerva, dea della guerra e della sapienza, scesa dal cielo; Achille, rattristato, viene consolato dalla madre Teti, dea del mare, che al suo pianto emerge dai flutti marini, accompagnata da una Nereide. A Giandomenico è attribuito il paesaggio campestre dell’ultima parete. Sul soffitto è rappresentata Minerva.

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Sala dell'Orlando Furioso

Angelica, principessa del Catai, è legata ad uno scoglio dai pirati, per essere divorata da un’orca marina; il cavaliere Ruggero, a cavallo di un ippogrifo, scende a liberarla; Angelica incontra successivamente il soldato saraceno Medoro e ne cura la ferita: nasce fra i due un amore, ma, poveri come sono, devono essere accolti in casa da due contadini; nell’accomiatarsi li ringraziano, regalando loro l’anello, che Orlando aveva donato ad Angelica come pegno del suo amore (le figure dei due contadini sono opera di Giandomenico). Nell’ultima parete Angelica incide il suo nome sull’albero: si noti l’intenso sguardo d’amore; nel soffitto Cupido bendato alla guida di un carro tra le nuvole: allegoria della passione amorosa, che, cieca, determina l’umano agire.

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Sala dell'Eneide

Venere, dea dell’amore, appare al figlio Enea e al suo compagno Acate, sbarcati, dopo una tempesta sulle coste africane e subito si allontana, portando con sé Ascanio. Cupido si incorpora in Julo che, insieme al padre, è accolto regalmente da Didone: tra i due nasce l’amore; sull’altra parete è Mercurio dai piedi alati che, quale messaggero degli dei, si presenta ad Enea, ordinandogli di lasciare Cartagine e di proseguire il viaggio verso il Lazio. Da Julo, che sposerà Lavinia, discenderà la “gens iulia”(Giulio Cesare ed il pronipote Augusto). Così i Romani discenderanno dai Troiani e la loro stirpe avrà origini reali e divine; in chiaro-scuro è dipinto Vulcano, dio del fuoco, che nella sua fucina sovrintende al lavoro dei suoi fabbri, che stanno forgiando le armi per Enea, alla presenza di Venere. Sul soffitto, andato parzialmente distrutto a seguito di un bombardamento sulla città nel 1944, era rappresentato il trionfo di Venere.

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Sala della Gerusalemme Liberata

La maga Armida, che protegge i Saraceni, con un canto riesce ad addormentare il cavaliere crociato Rinaldo e su un cocchio lo porta nella sua dimora incantata allontanandolo dalla guerra; in questo luogo lussureggiante, con l’aiuto di uno specchio, Armida compie un incantesimo per cui il cavaliere si innamora di lei e abbandona i suoi compiti di crociato.  Goffredo di Buglione, il comandante dell’armata cristiana, manda due soldati, Carlo e Ubaldo, perché lo ritrovino e lo riportino sul campo di battaglia; Rinaldo, grazie a uno scudo incantato nel quale si specchia, capisce di essere stato vittima di un sortilegio e decide di ripartire per le crociate, nonostante Armida tenti ancora di sedurlo. Sul soffitto l’allegoria rappresenta il trionfo  della virtù sul vizio, della luce sulle tenebre, del bene sul male.